PREMESSA DI ANNALISA CIMA

Rinviare una monografia di un anno è un accadimento consueto, ma decidere dopo ventotto anni, incontrando Ezio Gribaudo, di stampare lo stesso volume che era stato annunciato nel catalogo del 1971 delle Edizioni d'Arte Fratelli Pozzo, è davvero inconsueto.
IHo cominciato a dipingere a 17 anni. Allora cercavo forse di esprimere qualcosa per cui la mia timidezza non trovava le parole.
Credo di essermi cercata nei volti altrui: il che era un modo di parlare. E intanto era la pittura che parlava con me, che formava me.
E quando mi sentii più sicura con le tele, i colori, i pennelli, anche le cose inanimate assunsero un loro volto: specchi d'acqua, monti, barche, vele.
Avvenne anche qualcosa ce mi stupì: la voce (la loro o la mia?) stava proprio in quei colori, e la forma importava sempre meno: un bianco che mi faceva sentire libera ed un rosso che mi faceva sentire forte.
Iniziai le mostre di pittura nel 1963, a 22 anni. Nel 1971 con Giulio Carlo Argan decidemmo di preparare una monografia per le future esposizioni che dovevamo allestire.
Mentre sceglievo le diapositive, di Ugo Mulas, mi resi conto che volevo ritornare a immettere, nelle dimensioni astratte, teste e figure, unendo così l'astratto dell'ultimo periodo al figurativo.
Parlai della mia intenzione al gallerista, con il quale avevo il contratto, ed egli mi rispose che dovevo continuare, pur con possibili varianti, a produrre quadri astratti, perché ormai il mercato voleva quel genere di pittura.
Pagai la penale e stracciai il contratto abbandonando così, da quel giorno, mostre e pittura. Infatti non potevo continuare a esporre, perché ancora per molti anni l'astrattismo avrebbe imperato e dunque non c'era spazio per una giovane che tradiva le regole del mercato d'arte.
Avvisai Argan, che rispose con molta comprensione. Restammo amici.
Mulas mi regalò le diapositive in cambio di un quadro, dicendomi: un giorno riprenderai a esporre, perché noi tutti crediamo in te e nella tua pittura.
Alan Solomon m'inviò un telegramma colmo di stima e affetto.
Finalmente potevo ritornare a dipingere nudi e teste, rifiutando il cliché che mi volevano imporre.
All'astratto ero giunta per amore del colore, attraverso ulteriori esperienze, ma non doveva diventare un habitus definitivo, l'arte è per sua natura in progress.
Nel frattempo avevo pubblicato sin dal 1968 libri di poesia e prosa con Vanni Scheiwiller e la scrittura mi sembrò il rifugio ideale, dal "bluff" al quale m'ero sottratta grazie alla mia indole ribelle
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Annalisa Cima