Orazio " Diruit, aedificat, mutat 
quadrata rotundis"

Annalisa Cima
Rivoluzione dei fiori 
(prosa) 
Dramma comico
Edizioni Pegaso, Lugano 1986

 

PERSONAGGI

 

ALISMA Fiore che guida la rivoluzione.

CORO Acacia, Acclamatide, Adenofora, Amarillide,
Ancusa, Andromeda, Anemone, Angelica,
 
Antemide, Aquilegia, Arenaria, Arnica, Artea,
Bella di Notte, Betonica, Betunia, Brionia,
Calendula, Centaurea, Daphne, Eglantina,
Erica, Euforbia, Genziana, Globularia,
 
Lavandula, Lippia, Magnolia, Malva, Margherita,
Pervinca, Petunia, Plumeria, Primula, Rosa,
Rosa-Ninfea, Rubinia, Salvia, Spirea, Thea,
Vallisneria, Veronica, Vinca, Vincaminor, Viola.

PREMESSA

Conosco l'autrice da molti anni e la dicotomia che appare in questo racconto poetico è evidente anche in lei. 
Profonda scandagliatrice di quel sapere che appartiene all'uomo (maschio), vuole ribellarsi al potere per sentirsi libera di fare una scelta in termini di: sopravvivenza femminile.
La convivenza pacifica tra donne che culmina nell'ironico harem, ed è trama portante del racconto, lascia aperta una finestra sul modo di sentire di questa singolare scrittrice-poeta.
La Cima propone invece di inimicizie inutili, un amore che giunge a pianificare gli antichi dissidi, e attraverso una truculenta scena di morte 'nel finale', l'Eros sembrerà vincere proponendo un vivere in gruppo, smentito poi dai fatti.
A cavallo di mitologie e di escursioni gloriose nel passato le diavolesse-fiori giungono a noi non su scope, ma su steli; non invasate, ma pronte al sacrificio.
Una metafora degna d'essere letta in chiave femminista sí, ma ascritta alla grande famiglia dell'arte femminista-femminile.
Una linea femminile che abbraccia da Saffo a Petrarca a Montale tutta la poesia amorosa.
Ed una linea maschile che dai latini a Dante fino a Carducci tende a storicizzare gli eventi.
Le donne-fiore, danzano, aprendosi un varco, non in sfrenate sarabande, ma in temi musicali dalle note tragico-gioiose. Note di un Donizetti la cui Lucia emerge in veli bianchi col nome di Alisma. La folle ma sincera Alisma è qui protagonista di un eccidio che vede lei stessa vittima e carnefice.
Un ritorno al nucleo, quindi, un istinto di rovesciamento, in una psicosi che termina nel diritto di stravolgere la realtà mutando in modo matematico la successione storica degli eventi
Danza, poesia, teatro convengono in un racconto dal linguaggio spedito, quasi recitato, sullo sfondo di uno scenario idilliaco. E l'antica favola si ripete. Dal profondo emerge la nostalgia per il fallo perduto e ritrovato.

 


Joachim Camerarius

RIVOLUZIONE DEI FIORI

Dramma comico
in si bemolle maggiore.
Andante gioioso in sei scene,
e un finale.

SCENA PRIMA

Musica e sole in un giorno di tarda estate a Nervi, un tempo teatro di balletti all'aperto dove i fiori erano incantate oggetto di desiderio.
L'Hotel Beeler luogo dove si svolge il dramma è immerso in glicicini che lo avvolgono in un verde-violetto.
Una strada d'accesso dal mare, via "Ros d'Eros", immette nel viale che si apre tra piante secolari. Alisma pianta acquatica, dal fiore bianco rosato è d'alto fusto, cresce in un luogo insolito per un fiore nato nei laghi dell'Austria felix.

ALISMA
Mi chiamo Alisma e sono un fiore acquatico.
Perché ho scelto di parlarvi?
 
Ho scelto voi: Ninfea, Spirea, Primula, Vallisneria, Betonica, per dirvi che è arrivato il momento della rivoluzione dei fiori.
Oggi vi lascio con queste parole. Mi raggiungerete domani, in via "Ros d'Eros".
Raggiungetemi lí, c'è il mare, c'è il bosco, il campo, il monte, la siepe, il giardino, ci sono tutte le nostre sorelle…, raggiungetemi.

CORO
Alisma corre dall'acqua al bosco, s'inoltra tra i rami di pruno e sale la collina, cerca Daphne, Erica, Euforbia, Rubinia, Vinca, Arte… Artea è di campo, ma tra noi non esistono differenze sociali.
 
Voi siete di campo, portateci tra quelle come voi, vogliamo conoscerle, devono venire all'appuntamento in via "Ros d'Eros".
Ecco Ancusa, Antemide, Aquilegia, Arenaria, Calendula, Viola, Globularia.
Non possiamo dimenticare neppure quelle che vivono sul monte, forse hanno colori piú accesi dei nostri. Ma dobbiamo incontrarle e vederle.
Vedere è amare, dubitare, variare, capire, tentare, scorgere e poi dubitare di tutto come prima di avere scorto.

ALISMA
Questo è il nostro credo.
Parliamone insieme.
Le infinite cose senza accrescimento e variazioni esistevano dall'eternità (cosí era data la contraddizione di una infinità conchiusa, pensabile nella sua compiutezza).
I nostri avversari non hanno nessuna sicura consapevolezza, né della terribile forza che è in noi, né del movimento, né dello spazio, né del tempo che esiste e non esiste.
Sono cosí, perché credono solo in sé.
Non esiste nei loro occhi il dubbio vitale, e questo è un fatto accertabile da chiunque concepisca il senso dell'essere di fronte.
È un'esistenza impossibile, amiche.
È un'esistenza chiusa.
Una realtà mostruosa, mostra gli accadimenti sotto forma di compiuta infinità.
Balza agli occhi che i maschi vogliono solo obiettare, provocare non imparare, non dubitare.
Il vostro, il nostro pensiero potrebbe non essere reale. La verià forse non esiste, il dubbio potrebbe essere l'unico vero esistente.
 
Parmenide si sarebbe giovato di questa via d'uscita: occorre distinguere il vero dal falso pensiero.
 
Ora però è evidente che non si può sapere nulla di una successione come tale.
Mi chiederete: da dove vieni? Perché sei cosí dogmatica e imperativa?
 
Vi rispondo: cercate in me le radici che affondano nella vecchia Austria, cosí come il profondo senso del dolore, della non rappresentazione.
E se ciò non vi basta, domani mandate deserta la nostra riunione.


SCENA SECONDA

Mattinata di sole, passeggiata sulle pendici della collina fino al monte.
Vediamo quelle che crescono in montagna: Adenofora, Anemone, Angelica, Arnica, Lavandula, Margherita, Lippia, Salvia, Brionia che è di siepe.
 
E l'Acclematide e l'Eglantina.
Alisma addita Vinca.

ALISMA
Vincaminor che pur vincendo diventa minore, proprio adatto a noi, un maschio si sarebbe certamente chiamato Vincamajor.
E poi ci sono tutte le nostre compagne di giardino, sono un po' sofisticate, ma ugualmente vivaci, presenti.
Per esempio: Acacia e Amarillide, Andromeda che ha un nome di stella, Aquilegia, Bella di Notte, Malva, Petunia, Pervinca, Plumeria, Veronica, Centaurea.
A questo punto dobbiamo interrogarci sul principio e sulla fine della stessa vita cosciente.

L'interrogazione prosegue per due ore, poi i fiori si ritirano.


SCENA TERZA


I fiori sono seduti intorno ad Alisma. Un soffio di salmastro muove le foglie che cangiano al calar della sera.

CORO
Siamo tutte qui, con i nostri dubbi interni, esterni, poiché, perché, se.
Se anche le rappresentazioni ci appaiono sono rappresentazioni rappresentantesi.
È una considerrazione un po' banale, ma non priva di quel valore di ipotesi che rende un asserto meno arrogante.
Le rappresentazioni possono anche non rappresentare e possono rappresentarsi.
Questo discorso lo continueremo piú in là, nel castello, in via "Ros d'Eros".

ALISMA
Eccovi tutte qui, oggi è … guardiamo il giorno, il sei di Maggio 1981.
Mi sembra il giorno piú adatto per incontrarci.
Il sei è un numero emblematico.
È versatile, capovolgibile, ineguagliabile.
Solo l'uomo ha potuto farne un simbolo volgare, fallico; fallico, poi!
Forse la parola fallico deriva da fallare, da fallire, sono dei falliti che falliscono fallando. E il senso del possesso?
Questo senso del possesso è uno schema regolativo.
Oppure è un prodotto. Un prodotto del già mosso, del rimosso.
Vi aspetto stasera, ora me ne vado, non voglio passire, avvizzire parlando, ma vorrei al contrario: ammazzolare, cogliere, infiorare, giuncare, sbocciare, germogliare, schiudermi e sfarfallare con voi. Insomma essere in fiore, tornare in fiore, fiorire e rifiorire.
Contiamoci, siamo, siamo, quarantadue… quarantatré con Rosa Ninfea, sí, sí, siamo quarantatré, ci siamo tutte.
 
Questa sera parleremo del mpnopetalo e dell'apetalo.

ALISMA
Certo che se vogliamo cercare di normalizzare le esasperazioni virulente, di estromettere il nettare, di potere anche noi cherubini non essere considerate anomale, di potere anche noi, fiori di tutte le specie, sopravvivere a questa seminagione…
Dobbiamo lottare.
Ognuna di noi, ognuna di voi, vive con un suo maschio.
Io Alisma vivo con Mao, tu, Rosa, vivi con Sao, tu, Ninfea, vivi con Fao, tu, Spirea, con Rao, tu, Primula, con Lao, Vallisneria con Riao.
Ognuna di noi quindi ha una sua appendice: amara. Non un'appendicite: s'infiammano, ma non si lasciano operare.
Questa è la nostra prima seduta, non chiamiamola adunanza per carità, è una semplice riunione, un colloquio. Non un'assemblea.
Alle parole del potere, preferiamo il seccume.
Il senso of humour nella donna è quello che aiuta a sopravvivere.
Soffriamo di qualche gelosia?
Ma no, sono stati loro a risvegliare la gelosia dove noi non l'avevamo.
A noi piace vivere in gruppo, come i pesci.
L'uomo è un isolato rapace.
A noi piace filare, galleggiare, virare, levar l'ancora, ormeggiare, orzare, stringere il vento; qualche volta rimorchiare, ma sempre abbrivare, accostarci, ammarare, abbordare, costeggiare, forse doppiare e far rotta con scalo.
Aaah! Lo scalo in navigazione è importante, non è solo riposare, è un mezzo per raggiungere il fine.
Amiamo precettare? Perché no.
Cos'è una religione senza un dettame.
 
Ci siamo lasciate imporre per secoli, uomini e santi, non fa male qualche precetto scritto da donne.
Del resto noi non siamo maestri, né ripetitori, non ci atteggiamo a educatori. Siamo qui per mozzare, troncare, tagliare, amputare, per recidere, ma non recedere?
Possiamo essere impetuose, precipitevoli, impazienti; spesso imprudenti, frettolose, iraconde, furiose, irruenti, ma non abborracciate.
Proviamo disgusto per il maschio? No.
Ripugnanza? No.
Disappetenza? No.
Fastidio o molestia? Forse.
Noia? Certa.
Avversione? Qualche volta. Svogliatezza? Sempre.
Certo proviamo: malumore, amarezza, dispiacere, disinganno, che sono gli ingredienti del vivere con loro.
Voi tutte sapete cos'è la disillusione.
Voi con figli e senza figli, con marito e senza marito.
 
Gli uomini amano il loro sfrenato librarsi, risuonare, respirare, sentire soltanto quel visionario incolto senso di superiorità.
Noi tutt'al piú potremmo amare il bisbiglio del vento nella sabbia.
Ogni cultura ci rinvia ad una società di uomini filosofi. La società idealizzata, per esempio quella dei maestri dell'antica Grecia: Talete,
Anassimandro, Eraclito, Parmenide, Socrate.
In effetti abbiamo attinto di là e fu un bizzarro repêchage.
Sembrano tutti appartenenti allo stesso prato, pardon, alla stessa roccia.
Agli uomini non piace far parte del prato, hanno per base una rigorosa necessità di potere.
Mi piace Schopenhauer che la chiama repubblica dei geniali, non repubblica dei dotti.
Repubblica dei geni potrebbe chiamarla a distanza di tempo il nostro dialogo tra spiriti eletti. La loro è una democrazia confusionale dove gene e genio vengono dimenticati: è un impero di genitali, non di geniali.
Io del resto gli uomini li amo sulla pagina scritta, sono anche un po' gerontofila. Li amo da vecchi, da sapienti e da morti.
Quelli che non amo sono quelli che ci stanno intorno. Volete mettere Talete e Socrate con Mao e Sao?
Il filosofo, poi, è un casuale viandante, uno sbalestrato, in questo o in quel luogo. Mentre questi che ci stanno attorno sono degli accaniti del potere, del volere, del sapere.
L'altro giorno pretendevo un'interpretazione del sogno, ma non una grande cosa: un mondo come volontà, come rappresentazione, una peculiarità di essere a proprio modo, un agire senza guida, di cause e di fini, senza scopo, un gioco fanciullesco, un impulso artistico come il gioco.
Lui non capisce, ti risponde, esiste il vero. L'ordine è visibile da un caos in assoluta mescolanza di bene e di male. È conveniente, perfettamente orientato ai fini. Bisogna giungere alla perfezione. Gli uomini cercano la donna perfetta, ma noi non vogliamo essere perfette. Noi siamo dei fiori, a noi piace seccare, a noi piace invecchiare, passire.
Vogliono tenerci sotto cellophane, questo è morire, è come lasciarci recidere.
Allora è molto meglio morire sul proprio stelo infilati in una bella terra concimata con merda di vacca, lí attacca il seme, il fiore e lí anche il disfacimento, la disfatta, diventa una vittoria.
Ma questi felloni… o falloni… non capiscono.
Ci si potrebbe certamente domandare se l'uomo può essere un artista?
Palazzeschi diceva: - Ormai solo le donne possono essere "veri artisti", noi siamo tutti dei burocrati.
E poi forse non sanno piú soffrire, e poi forse son sempre stati cosí.
E se li avessimo sopravvalutati noi?
Succede sempre a chi è intelligente di sopravvalutare chi lo è meno.
Ammettiamo a questo punto che si possa ritenere corretta l'affermazione che l'uomo è un magma dove schiacciare e scocciare sono due limiti estremi.
Inoltre mi pare che non ama né essere libero, né attivo, né senza impegno, né affaccendato, né fannullone.
Per me il fallo è solo uno sbaglio di natura. Una mancanza, un difetto, un neo, una colpa, un disguido.
Per me il fallo non è il simbolo di Freud.
Credete che mentre parlo mi venga un'erubescenza, uguale rossore?
Mia cara Genziana, l'erubescenza è di altri tempi, sono come una albigese, non ho pretese, non sono calvinista. Ma forse è vero, amo il remitaggio, forse c'era una volta in Spagna.
La cera, la cera ecco cosa mi piace.
Esiste la cera del Giappone, della Cina, di Spagna, la cera bianca, c'è quella vergine e c'è l'aspetto cereo.
Quest'aspetto cereo è quello che avrebbero i nostri cari pistilli se fossero qui a sentire.
Li ho chiamati pistilli, pensate che concessione, li dovrei chiamare terracotte.
Terracotte, terra, sfera, ciclo, ruota, cerchiello, cerchietto, girello, cerchione, campanello, cercine, vistello.
Ah… il campanello, disco, giro, anello, perdio che recinto; e l'ambito, e il cerchio, e la cinta, e chi rimane incinta, e il circolo, e il circuito, e la circonferenza, è tutta una periferia di demenza.
È tutto un circolo di coronamento infame, è tutto uno strame.
Al di sopra di queste generali lubriche sfrombolate idee, che cupa e fredda sarà la nostra notte vicino all'infame.
 
E la magnificenza del cosmo? E il meraviglioso ricondurre quella magnificenza a noi, che figurazione sublime avremo intorno, ma noi non la potremo godere.
Domani viene per avvolgerci nel cellophane e tenerci fresche.
Indubbiamente nella sua onnicommistione dei giudizi può ammettere un'eccezione, ma non vi è confine alla vanità dell'uomo. Raggiunge nell'ambito dell'ordine rappresentativo la sfera del massimamente inutile.
Tutto ciò che nasce da follia spesso è reale, e tutto ciò che è reale è assoluta follia.
Per il mondo che non ha spazio né tempi, che non ha ragioni. È difficile trovare una via che sia logica.
Ma cos'è questo zero, cosa ci vogliono dire, lasciateli dire col loro storicismo, col loro storicismo dissennato, sono dei predoni, ma soprattutto dei grossi coglioni.
Lo storicismo, sapete. E inoltre questa favola che ci danno ad intendere dell'elevare gli umili, dell'essere tutti uguali.
Questo è un rondò rovinato dal sacro. Cari fiori.
Quanti delitti, si dice nelle rubriche femminili, sono commessi in nome dell'amore. Le rubriche femminili, capite?
 
Hanno inventato anche queste per denigrarci.
E, le scribacchine.
Le scribacchine siamo noi.
Sapete quante donne sono state sfruttate a scrivere per altri, quante donne sono state scartate, quante donne sono state messe al ludibrio.
Noi siamo streghe, puttane.
L'uomo è ponderato, posato, sensato, compassato, contegnoso.
Bisogna smagare il sistema, il complesso, il modo, la regola. Abbattere il dittatore.
Mai smagliature, l'hanno ripresentato dieci volte, e pensare che ho avuto un'amicizia importantissima con lui, ma si sa un capo di partito non può essere che un conformista.

CORO
Dovremmo straviziare per dimenticare.

ALISMA
Vi dirò che lo straviziare, non mi piace tanto. Se fosse nella stratosfera, ma invece qui è uno strazio, uno strazio di stillicidi inutili.
Ragazze, io sono del parere che bisogna reagire. La rivoluzione l'ho già in mente. Potremo cominciare dal vincere la cronaca, dal rompere l'epopea, i fasti, il fatto, la serie di ricordi, rimarrebbe la leggenda, la favola, l'aneddoto.
Poi cancellare col rosso il periodo medioevale, comunale, del risorgimento, contemporaneo, nazionale, mondiale, universale, regionale, civile, ecclesiastico.
Cancellare trattati, guerre, vivere con musica e poesia. L'atlante storico lo potrei sfogliare mille volte, ma è stomacoso, mi sembra di stonare.
E sento Debussy, forse era biondo, forse appassionato, ma certo era meglio, meglio stordito, un po' balordo, attonito.
Di noi dicono che siamo alienate. Ha fatto una réclame indiretta quel cesto di stoltizia, stolidezza, stoglietà, quel volta gabbana prima donna, che bene conoscete.
È strano che voi ragazze non abbiate pensato che tutto può essere risolto, con un solo verbo: tagliare.
E qui nascono tutte le interpretazioni del caso.
Tagliare nel senso di tagliuzzargli i coglioni.
Dividere.
Andare da un avvocato e chiedere la separazione, separarsi è uguale come dividere.
Fendere: fendergli in due la nuca, uccidere, intercidere, recidere, resecare, ridurre e solcare, spaccare, sparare, aprire in mezzo, squartare, spartire, affettare.
Anatomizzare, trinciare, troncare, mozzare, sfogliare, segare, fare bocconi, dismembrare, smembrare, falcidiare, decapitare, smarginare, staccare, stagliare, stralciare, tritare.
 
Per potere noi sopravvivere.
 
Usiamo uno di questi modi, quello che vogliamo.
Cosa vorreste fargli?
Per abbreviare il dolore?
 
Una trappola, un laccio, io pensavo piuttosto ad un coltello.
Com'è possibile?
Ve li procuro io, nei miei viaggi, sapete di coltelli ne trovo di varie fogge e modelli.
Il coltello è pulito, c'è la lama, il luccichio, ci son tutti gli ingredienti.
Occorre inoltre prendere in considerazione gli avversari. Per fare una seria rivoluzione come noi vogliamo fare, cari miei fiori, dobbiamo soffrire.
È doloroso affondare il pugnale nelle carni del proprio amato, ma lui lo fa tutti i giorni e non soffre per niente.
Innanzitutto dobbiamo essere come delle vestali, staccare il petalo del seno, staccare il petalo del desiderio, rimanere intatte con tutti i petali del dolore.
Lo so, non vi chiedo una cosa facile, ma può essere facile vivere?
E allora dato che non vi è certezza se non quella del soffrire. Se volete cambiare l'intorno, se volete sperare che le prossime margherite, che i prossimi nostri fiori crescano in un ambiente pulito, dovete lottare.
Noi conserveremo il seme, ci metteremo d'accordo con le api, che lo possono conservare.
Uccidiamo tutti i maschi e poi ci autofeconderemo.
Vi ricordate tutti i periodi di matriarcato.
Perché sono finiti?
Sono finiti perché non abbiamo mai avuto il coraggio di uccidere veramente tutti.
Non abbiamo mai avuto il coraggio.
Dobbiamo partecipare a questa trasformazione con la violenza.
Gli indagatori avevano voluto semplificare il problema del divenire, stabilendo una sola sostanza che portasse in grembo le possibilità.
Un millennio dopo, questo mondo è precisamente lo stesso, nulla si è trasformato, se ad onta di ciò ha di volta in volta un aspetto diverso è un'illusione.
Sazietà genera delitto, e noi siamo sazie.
C'è un impulso alla plasmazione cosmica.
Ungaretti l'aveva capito, Petrarca anche, tutta la linea femminile della poesia, da Saffo fino a noi. Gli altri, i maschilisti conservano l'avvedutezza di considerasi freddamente logici nei riflessi del mondo.
Ci sono buoni esempi.
Sapete ragazze: la bellezza, il denaro, il potere, se non si vuole essere intaccati bisogna saperli dividere con altri.
Altrimenti si paga.
Si paga vivendo asserviti, perché chi comanda è sempre asservito.
Solo chi è libero non è asservito al potere. Vive col suo suicidio interiore.
Tanto di qualcosa si deve morire, meglio se la morte ce la diamo da soli che aspettarla da altri.
È stata forse una seduta lunga e un po' triste, usciamo in giardino, guardiamo le giunchiglie, sorridiamo, sediamoci qui, sotto il pergolato, davanti alla terrazza.


SCENA QUARTA


Terrazza con pergolato di glicine. I fiori salgono la scalinata per ragggiungere Alisma. Arrivano sollevando i loro petali e i loro steli frusciano lungo la scale

CORO
Sí Alisma arriviamo.

CALENDULA, VIOLA, ARNICA
Veniamo, veniamo.
Nella vita di prima avevamo un nome cosí sciocco. Un nome che riconosceva una finta unione.
Ora invece, Calendula, Arenaria, Euforbia, Alisma.
E tu, Alisma?
Ci dicono che sei nata nei laghi intorno a Vienna. Qualcuno di chiama Cherubino, qualcuno Lucifero, qualcuno non sa proprio niente e cerca da te solo una fisionomia da darsi.

CORO
Sai, loro ci hanno fatto tanto soffrire, quasi da morire.
Siamo sempre state etichettate.
Formalismi, pompa, riti, solennità. Tutto un inutile orpello.

ALISMA
Scusate devo partire. Aspettatemi, ritornerò tra pochi giorni.
Preparate i pugnali ben affilati, quelli sí.

CORO
Che tipo di pugnale?

ALISMA
Un pugnale… qualunque, uno stile, uno stiletto, uno stocco, un verduco, un coltello.

CORO
In fondo dando una bella stoccata soffre certo meno di noi. È da decidere se è piú doloroso morire o far morire.
In questo caso non abbiamo scelta.
Il mondo va cambiato.
Se l'utero ci comanda noi dobbiamo obbedire.
Assecondiamo quello che hanno detto da sempre.
La donna è uterina, ebbene sí. La donna è folle, ebbene sí.
Produciamo dei meccanismi rovesciati.
Colpiamoli con le loro attribuzioni.
Uccidiamoli con le loro finzioni.
Loro ci vogliono tutte vergini.
Vestiremo di bianco, con un fiore di ibisco in mano, e un sesamo legato nei capelli che nasconderà il pugnale.
Il pugnale sarà profumato in oli di Peneligons.

ALISMA
È un vero rituale, ragazze. Questo è un eccidio serio.
Loro stanno dormendo, noi ci avviciniamo, e alle tre di notte in punto, mentre dal nostro bip uscirà il segnale: la Marcia di Mendelssohn, al suono della marcia nuziale noi dovremo colpire.
Dovremo farlo subito, senza pensare.
Oggi è il sei, il nove sarò tra voi, tre giorni sono sufficienti per procurarci tutto.
Qualcuna di voi ha paura?
 
Orbene oggi, sento di erigere qualcosa. Sento che il funesto, il mortale, avrà la sua cicoria, avrà il suo assenzio, il veleno che si chiamerà pugnale.

SCENA QUINTA


Il quadro cambia. Partenza. I fiori ritornano sui loro steli, vi è un'aria di maggio e un sole che dà un certo tremore, trepidazione. Passano due notti in cui si spegne anche il profumo dell'alga nel mare, anche il profumo di muschio nel bosco, di ciclamino nel campo e di anemone sul monte.
Le siepi sono silenti e l'Aquilegia cosí bella e violenta. Attende.
Alisma ritorna.

ALISMA
Eccolo il mio battaglione: belle, bellissime, bionde, brune, rosse, castane, alte, piccole, medie, tutte queste donne che gli uomini chiamano puttane. Eccoci, noi siamo i fiori della dissociazione. Noi vogliamo metterci insieme, vogliamo far lega senza aggregare o numerare. Vogliamo fonderci in osmosi e turbare i loro riposi.
E tutto finirà in una notte di coltelli. La marcia di Mendelssohn farà da richiamo, e tutte insieme alle tre alzeremo la mano e colpiremo nel profondo inguine scuro.
Il sangue sghizzerà sul muro, gli oggetti saranno imbrattati, i fiori saranno lacerati d dolore, ma mai potremo isolare questo rito dal male, dalla religiosità del bene.
Faremo di loro dei martiri, sí, questo lo sappiamo.
Ma non ne resterà uno. Miei fiori andiamo.


SCENA SESTA


E i passi e le sete lacerano con bagliori il buio della notte.
Dopo millenovecentottantasei anni di sopraffazione ecco il momento.
Silenzio. Musica.

CORO
Affondiamo. Un grido, forse uno solo, quasi gabbiani in volo.
Poi tutte a piangere.
Lei, no, lei bianca, esangue, tace.
Alisma è tutto finito?

ALISMA
Tutto comincia da 0, perdonatemi, datemi una mano.
Io non ho colpito e ora il meccanismo è certo: un uomo solo resta per tutte noi. Il nuovo mondo è un harem.

CORO
Alisma ci ha tradite. A morte. A morte.

CALENDULA
No, non la colpite.

ALISMA
Questo pugnale servirà per me perché ho fallito.
 
Il fallo non è solo maschile.

CORO
Vivi Alisma, senza te tutto perde colore.

ALISMA
Sorelle, amiche, fiori. Vi amo teneramente ma mi sento inutile, quasi sdoppiata, sono con voi e contro di voi, sono un Cherubino

CORO
Muori, vai nel cielo delle Saffo, dei Petrarca, dei demoni, degli artisti sopravvissuti e soli. Muori.

ALISMA
Mentre affondo il pugnale lasciate che Magnolia mi stia accanto.
Datemi un serto d'alloro, del miele, voglio i simboli del mio "olimpo adorato".
Il mondo che ho amato non è il vostro ma il loro.

CORO
Muori. Ci hai illuse. Spergiura. Poeta. Tu usi il dolore per scrivere ed amare.
Noi nel dolore soffochiamo di noia. Alisma muoia.

ALISMA
Muoia con me
 
la stirpe di chi
ama ogni cosa che
non sia venale.
Muoia l'amore
 
il gioco
l'amicizia e il vale.

CORO
Taci e finisci nel silenzio i tuoi giorni.

ALISMA
Affondate i pugnali, perché il mio rimanga intatto. Ecco muoio felice. Rispettando la vita e non colpendo mai.

CORO
Tu che eri forte e coraggiosa, oggi sei stata vile.

ALISMA
Lasciatemi morire
 
dolcemente.
Non mente chi vuole soffrire.
Ecco a voi l'ibisco, il sesamon e il mio onore.
Ore ore lontane:
questa è la morte.
Salute a voi.
A me s'apron le porte degli assenti.

FINALE

Alisma cade, le sue foglie natanti annaspano nello spazio intorno; le foglie aeree coriacee, tremano; i sepali verdi e i tre petali bianchi e rosei s'afflosciano sullo stelo con dolore.


CALENDULA, MAGNOLIA,
AQUILEGIA, ROSA, GLOBULARIA,
 
THEA

Anche noi vogliamo finire. Il tuo credo era giusto, ma hai voluto morire.


Si uccidono coi loro propri pugnali gettandosi vicino al corpo di Alisma che sta spirando.


ALISMA
Vita, morte! Siamo i vostri fiori.
I fiori del giardino dell'oblio.

Annalisa Cima