III° episodio                                     domenica 2 dicembre                                                     

Scuola

Una settimana dopo la scomparsa di scena della mia genitrice (Lia), che rividi solo a diciassette anni quando già la guarigione dalla TBC era in atto. il nonno mandò Giuseppe a prendere la signorina Angelica Gioconda Ruggiero, (l’insegnante istitutrice).

Tramite della conoscenza con la signorina Angelica era stato l’onorevole Bortolo Belotti che apparteneva al gruppo liberale cavouriano.

Aveva raccomandata Angelica come insegnante e istitutrice, dicendo che era di ottima famiglia, molto seria nonostante la giovane età, 24 anni. Le era morto il padre tenente colonnello e con la pensione del marito sua mamma nobildonna, ma  senza altre risorse non poteva sostenere il peso di una famiglia con due figlie, Angelica e Luigina.

Angelica s’era appena laureata e parlava bene francese e tedesco, inoltre suonava meravigliosamente il pianoforte.

Sapeva cavalcare come una amazzone, andava in bicicletta ed imparò velocemente sia a sciare che a guidare l’auto.

Le lezioni di prima elementare cominciarono in dicembre, oltre ad Angelica assisteva alle lezioni il professor Facheris, professore di latino di mio padre che visse, sotto falso nome negli anni delle leggi raziali, ospite del nonno Francesco, sia quando eravamo in Italia che in Svizzera.

Unico allievo era mio fratellastro  Francesco che poteva seguirle, perché in gennaio avrebbe compiuto 5 anni, infatti la signorina Angelica disse che ero troppo giovane per poter prendervi parte, in gennaio avrei compiuto solo 4 anni.

Capii più tardi che non  volevano umiliare Francesco che dopo la fuga di Lia, aveva avuto crisi di epilessia. Era particolarmente attaccato a Lia ed anche lei a lui, sembrava ch’io non esistessi per mia madre, la sentii dire, “Annalisa è adorata dal nonno e dal Titta, femministi ambedue, non ha bisogno del mio affetto, Francesco invece è solo in un ambiente che non gli è famigliare”. Noi bambini non capivamo perché Lia avesse tentato di portare via me, non potevamo sapere che essendo figlia di Titta ero l’unica arma di ricatto perché Titta la seguisse in America.

Francesco invece era figlio del barone Manó Kertész Kaminer, nato a Budapest, nel 1886, ebreo ungherese, visse a Budapest sino all’età di diciassette anni, poi lasciò l’ambiente famigliare per unirsi ad un circo, in seguito s’iscrisse alla Royal Academy for Theate and Art di Budapest. Nel 1912 iniziò la sua carriera di attore e regista in Ungheria, dirigendo 40 film con lo pseudonimo Kertész Mihlyá. Proseguì a lavorare nel cinema in Austria, dove crebbe la sua notorietà nel 1922, con il film muto “Sodoma und Gomorrha”, prodotto dalla Sascha Fim del conte Kolowrat-Krakowsky; ma fu “Die Sklavenkönigin” anch’esso con tema biblico che lo fece conoscere al produttore Jack Warner che volle scritturarlo come regista. E Michael Curtiz andò in America mutando il suo nome per l'appunto in Curtiz e lasciando in Europa due figli illegittimi, uno dei quali era mio fratellastro Francesco. Michael Curtiz con i suoi guadagni sostenne una associazione di beneficenza che aiutò artisti europei a fuggire Negli Stati Uniti, ma non fu in grado di salvare il padre, la sorella alla quale era molto legato, tutti i suoi famigliari furono mandati ad Auschwitz.

Le crisi d’epilessia si fecero sempre più frequenti in Francesco, scriveva con difficoltà, un difetto che gli rimase per sempre, oltre alla sconnessione nei ragionamenti. Nonostante questi problemi non volevo rinunciare alle lezioni e pensai che forse anche Francesco poteva avvantaggiarsi della mia presenza. Infatti voleva sempre vincere, avrebbe cercato di competere, ne ero sicura. Il tavolo che fungeva da scrittoio era coperto da un drappo perché non si rovinasse. Approfittai della copertura per nascondermi sotto il tavolo, Bill il volpino della Pomerania, che mi seguiva ovunque, si nascose con me. Fu proprio il volpino che fece scoprire il mio nascondiglio, cadde una matita sul parquet Bill uscì allo scoperto per portarmela, era naturalmente addestrato a riportare ogni oggetto. La signorina Angelica guardò sotto il tavolo e mi scoperse. Angelica era alta, bruna con pelle olivastra e occhi scuri, dalle fotografie si  percepiva come somigliasse al padre, la madre infatti era bionda e d’incarnato chiarissimo. Angelica creava un bel contrasto con tutti noi. Il nonno Francesco ormai bianco di capelli era stato biondo con occhi blu pervinca, la nonna Elisa con capelli biondo-tiziano e occhi azzurrro-chiaro, mio padre Titta biondo-tiziano, come la nonna, con occhi grigi, Francesco il mio fratellastro era biondo con occhi azzurri e pelle scura, somigliava molto a Ileana (Lia) nostra madre. Angelica portò una nota di meridionalità piacevole e insolita nella nostra famiglia, era amata da noi, ma anche dal personale. Quando entrò a far parte della nostra famiglia aveva 24 anni, dopo aver fatto le magistrali si era laureata in lettere ed essendo nata a Castel Franco Veneto parlava bene tedesco e francese inoltre, avendo ricevuto un’educazione signorile, suonava il pianoforte. Un insieme ben riuscito di madre contessa d’origine austriaca e padre tenente colonnello nato a Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce. Angelica, morto il padre, dovette, non appena laureata, cercarsi un lavoro per poter aiutare sua mamma e la sorella minore Luigina a vivere dignitosamente, la pensione del padre era ben poca cosa.

A.C.