Annalisa Cima

Canti della primavera 
e della sopravvivenza
Prefazione di Paolo Cherchi
Edizioni Pulcinoelefante,
Osnago, maggio 2001

 

CONFESSIONE DI UN ESSERE E NON

 

Sono monolitica, monocorde, monocellulare,
come la roccia, come la nenia, come il verme.
Sono antografa, antropomorfica, ancestrale,
 
come i fiori, gli dei delle caverne, gli avi.
Sono lieta e non lieta, lieve e letale, palese e segreta.

Vivo la contraddizione d'essere angelo ed erinni.
In un'aurora boreale so cantare e Citerèa m'appare.
 
Amo driadi e silvani, non i poeti nani
e le loro orme che chiamano versi.
Odio chierici e conversi, predatori e untuosi lodatori.

Del mio crine, arricciato dal vento e dal sale
che risale dal cranio in superficie, gioisco
e lavo la mia mente nella fonte piovana dell'amore.
L'ardire e la passione conducono i miei passi.

Luoghi e laghi lambiti da esecrata gente,
udite questo canto in cui mi tuffo: è tempo.

Ora m'illudo d'esser alba, perché vesto di rosa
ed ora d'esser notte, perché vesto di nero,
solo nel pensiero tesso amori errabondi.
Ora so di saper quello che ignoro:

pesci, serpenti, aquile e leoni hanno nelle loro successioni
impressionato la lastra del nascente.
Conosco il linguaggio degli dei e dei mostri-umani.
Con luna e stelle vagheggio l'alba che di rosso
s'irrora, s'accende e dissolve nell'infausto giorno.

Resto nell'iperborea immensa terra, confusa
inondata di ombre, di stridii e di veleni
tra vuoti e pieni di sentieri senza sbocchi,
 
ad aspettare l'eterno cantore che mi riporti
il canto dell'amore smarrito. Avrà in dono una rosa.





CANTO D'AMORE TRA LA ROSA E IL GIGLIO

E tu, cavaliere fecondo di parole e di trame,
pòrtale il fiore che raddensa le brame.
Avrai in dono una rosa carnivora e vorace
e alla mensa dell'eros sarai l'ospite atteso.

Giunto nell'isola del sogno, là dove
ninfe e silvani apprestano un talamo di bacche e fiori
e il mare vigile, fremente lambisce l'imeneo,
tu invochi i venti col grido ancestrale,
mimando danze del dare, dell'avere, dell'ancóra.

Il silenzio è rotto da alterne scosse,
mosse dal nucleo del divenire.
T'immoli sull'ara, poi nella reggia del mare
immergi il sembiante per lavare il nettare d'ebbrezza.

Geme l'aria intorno. La rosa chiama il giglio.
L'altero nemico come ape si posa e la suggella.
Odono gli dei l'eco della tromba che spazia
nella caverna del felice alveare.

Il giglio non ancora sazio beve alla fonte
e irrora petali di rosa bruciati dal divino rossore.
Le Ninfe danzano imenei tra i flutti.
Gli dei delle rocce raccolgono miele dorato
e gocce di vapori sudori dalle fronti.

Gli eremiti del bene e del male, fuggiti 
alla morte ora avvinti or disciolti
cantano il bianco del giglio,
il rosso della rosa, l'argento dei cristalli.


Tancredi rinfodera il suo lucente giglio
 
Clorinda posa la sua rosa nell'elmo fatto vaso.
Fremono l'acque, fremono le fronde.
Laridi sono accorsi a vedere l'incanto,
lanciano gridi di pianto gioioso.
 

Il mirto flagella i loro dorsi,
 
tutto il pianeta ruota in talami di spume.
L'ombra s'abbandona al purpureo che l'assale.
Il giglio ancora indugia. Tace la rosa.

Guardano con stupore un altro giorno.
Vapora nel mare la luce dell'aurora.
"Avrai ancora una rosa da donare".
"Avrò in dono il tuo giglio e tu la rosa".

Il mirto abbassa il ciglio sulla roccia.
Le ninfe escluse simulano sospiri.
Il talamo di bacche e fiori è addormentato.
Nell'acque si specchiano i due amanti.

La morte che da retro li riassale
trova loro mutati in dei del mare.
La morte arretra. I guerrieri-dei s'ergono
luminosi e tremanti nella luce del sogno.

L'amore ha salvato i due rivali.
Cavalcheranno ancora tra marosi.
E dall'ignoto, salutando la terra
lei porgerà la rosa e lui il suo giglio.

Piove ambrosia e incenso intorno,
tra nubi rivivono l'amplesso
che li ha resi immortali. Ristanno.
 
In un amore reso eterno dall' Eros.


Al limite del bene e del male,
 
vivono in quel tutto e nulla
senza strali, né guerre, né paure,
luminosi, errabondi nella stratosfera
che è l'Eden promesso.

Dove hanno accesso gli eroi, pur se perdenti.
Dove i serpenti succhiano latte ai bovini celesti.
Dove ninfe agresti giocano tra nuvole e barbagli.
Dove energie lucenti vivono tra lampi e suoni.

Non piú embrioni o semi. Non carni marcescenti.
Nell'immensa foresta di suoni e di cristalli,
di filanti ardori, di magnetici colori, di fronde,
di sponde iridescenti e di specchi-mari,

là dove luce ed ombra si confondono
sparisce ogni orizzonte intorno
nello sconfinato uguale.
Sole, vicine vivono l'energie,
correndo di cielo in cielo nel gioco dell'amore,

senza sentire né gelo, né arsura, 
invocando il divino incantatore,
vivono nel fantasmato spazio-tempo
l'illusione dell'amplesso eterno.

La morte è vinta. L'amore vive.
Le spoglie non sono solo vermi lucenti
o fronde che bevono ammoniacali umori,
sono energie emerse, ch'erano disperse.

È la lenta risalita sul sentiero di luce.
Rami e fronde sono braccia tese
 
a significare che gli eroi del bene e del male
sono parte dell'eterna mente.

Nati sotto gli auspici
 
di Dioniso, Venere, Orfeo
sentono le sfere d'armonia dell'Alighieri,
e in quegli immensi cieli colgono

il celestiale pensiero dominante.
Corrono verso il filo del sapiente,
nel magma brulicane di spiriti lucenti,
cantando l'eterno inno dell'amore.

Viviamo e siamo inesistenti.
Il mondo non ci vede,
ma ci sente.
Siamo materia trasparente
che vive nella mente,
portati via dal vento dell'amore
che muta, ma non muore.
Specchio delle nostre brame
 
questo è il solo reame.

Vivete e siete inesistenti.
Il mondo non vi vede,
ma vi sente.
Siete materia trasparente
che vive nella mente
portati via dal vento dell'amore.
che muta, ma non muore.

Specchio delle vostre brame
questo è il solo reame.




GIOIA DELLA PRIMAVERA

Give me joy in my heart

canta la canzone gaelica
con le sue strofe antiche.
L'amore morto è risorto
e vuole rinverdire.

Give me joy in my heart
love is come again.

Le rondini annunciano il risveglio
s'insinuano tra gli irsuti crini
 
dei larici e dei pini,
 
sulle chiome di giuda
spiccano voli lucenti,
 
cantando il pensiero dominante.

Give me joy in my heart
love is come again
like wheat that springeth green.


Non eserciti o tesori, ma la vita
nel vivere coglieremo volando.
Lasciamo agli altri l'inutile andare,
labor est etiam ipsa voluptas.

Non v'è danno nell'indugio d'amore.
L'ape acconsente e sugge,
scioglie la sua briglia dorata
avvolge il giglio in cerchi
tesse danze e corolle in fiore.

Love lives again,
that with the dead has been;
 
love is come again
 
like wheat that springeth green.

Non tesori, ma la vita nel vivere cerchiamo.
Scuote il crine la rosa, di lontano
il vento amico impollina altri fiori,
e riaccende vulcani di colori
 
col fuoco della primavera.

C'è qualcosa di vero nei presagi.
Sussurra l'ape al giglio.
C'è qualcosa, ripete l'eco dei mortali.
L'oggi e il tempo sono evanescenti.

Un pruno chino ascolta,
lascia vaporare la chioma
tra fumi pallidi irreali,
 
mentre ai conviti astrali
l 'agile fianco apprestano le nubi.

Now the green blade riseth 
From the buried grain,
wheat that in the dark earth
 
many days has lain;
love lives again.


Sopra i colli, s'addensano vapori.
Suonano corni gli spiritelli mattutini.
Sono in festa le rocce, le colline.
S'aprono corolle addormentate.

Ombrelli di sovrapposte età
 
si muovono in superfici composte,
là dove dispiegano cori avventurosi cantori.
Il murmure giunge di lontano.

Vigile e severa una cupola lucente
è altare all'inutile pompa del potere
che mesce miele e fiele,
chi vive con chi muore.

Di lontano l'innocente professore
sa quale canto vogliono i viventi.

Give me joy in my heart
keep me burning,
keep me burning till the end of day
love is come again
like wheath that springeth green.

Dimentica delle funeste cose
guardo verso altre aurore
la luce che sovrasta
in ondeggianti chiome

Non ruota invano la rondine
spezza il profilo severo della storia.
Venere incalza armoniosa e arcana
ha una ghirlanda di fiori nei capelli.

Offrono danze fanciulle trasparenti
nella luce sfuggente del mattino.
Il fauno lieto manterrà il segreto.
Supino il mondo assiste.
 

Nulla è piú simile all'intorno
di questa trasognata primavera,
ormai s'è fatto giorno, vanisce la visione
 
nel soprano cantare di fontane.

Le urne lanciano lucori, l'odore 
di terra irrorata è piú insistente.
Si respira all'intorno aroma d'increato. 
Il rito ricomincia.

Now the green blade riseth
 
From the buried grain,
wheat that in the dark earth
 
many days has lain;
love lives again.
that with the dead has been;
love is come again
 
like wheat that springeth green.
Give me joy in my heart
Keep me burning till the end
Love is come again.