Annalisa Cima
La Genesi e altre poesie
Edizione a cura di Vanni Scheiwiller
in trecento esemplari numerati.
Vanni Scheiwiller, Milano 1971
DELL'ESISTERE
Tu continuerai a vivere perché
hai provato il dolore, al di là
del progresso raggiunto nel sangue,
della pretesa ironia di superiorità.
Tu continuerai a vivere perché
hai cercato un legame fra te
e l'extraterreno, energia che ci fa
esistere. Tu continuerai
a vivere come tutti i grandi, né
sarai strumento di programmazione
meccanica, ma premessa di
riconoscimento. Un nome qualunque
dove mettere il fine del nostro
presente per te. Senza parole
senza religioni, divisi solo
dal tempo che ci costringe a vivere,
uccisi dall'odio piú che da morte,
costretti a stringere le mani
dei nostri assassini. Oggi come ieri
fratelli di te, di me. Tu continuerai
a vivere perché il pensiero finisce
solo in apparenza. Dove hanno
colpito i nemici, lí la vita
comincia a valere, simbolo di
distruzione per chi ne è causa: cosí
il male ricade su chi provoca
morte. Viviamo tra migliaia di
non-vivi, con desideri di odio:
discriminazioni di razze, colori,
religioni. Loro fanno di una
parola una lotta che dilaga, noi
non vogliamo vederli; loro parlano
lingue che non conosciamo e hanno
il colore della distruzione. Tu
continuerai a vivere e un giorno
sapremo di vivere anche noi,
seguaci di mille religioni, che
fanno capo a un solo Dio. Assertori
di mille politiche, che fanno
capo a una sola giustizia. Siamo
e vogliamo essere piú di sempre,
anche quando gli altri non sanno,
e un destino comune ci brilla
dentro, lo vediamo ed è per questo
che vale. Il giorno della tua morte
siamo morti con te per continuare
a vivere, a esistere.
DELL'AMORE COME CONTRAPPOSTO
ALL'ANGOSCIA
Dopo il perdersi in nuovi e passati
destini, emerge vera la sintesi
voluta e cercata da sempre, confine
di ancora impreviste soluzioni.
Passati il pianto e il riso, questo tempo
di contemplazione ci lascia
ad aspettare: unica alternativa
nel cosciente domani. Emerso il disprezzo
per i valori passati, per l'assurda
ricerca di bene per il bene:
favola nel contesto di deviazioni
fatte di credulità. Lasciati
i presupposti distruttivi,
gli egoismi che ci costringono
lontani dai nostri ideali.
Io voglio amarti, tu anche
perché il perdersi di sempre diventi
vivere, e il ritrovarsi: sopravvivere.
Dimentica di luoghi scontati
di predestinazione, non fine
che mi sovrasta come per il passato,
non presenza del vuoto, che mi divide
nel silenzio di lunghi interminabili
occhi-vuoti: il lume che tu hai
è il mio lume.
Io voglio amarti, tu anche
liberi da ogni assurdo
senso di potere, senza opposti
né oppositori. Dove ogni
negazione è fatta per dirsi,
ogni affermazione per amare.
Chiusi al sentire ogni forma inferiore
di rivalsa, quando anche il solo dire
è religione, e il vedere assoluto
di un mondo di desideri al di là
del reale. Dove metafisica
e seme si confondono
nell'ordine prestabilito. Questo
guardare per sentire e sentire per
guardare, è il vero asse gravitazionale
che ci sorprende, che ci lega. È
assoluto di liberazione, senza
il pensato dove il reale ci precipita.
Dimenticate paure e timori,
ogni violazione è principio, è
divenire in nome del fine per cui
ci si muove. Non nuovi credi
con vecchi pretesti, angosce
di ritrovamento e deduzioni
che assottigliano il sentire.
Io voglio amarti, tu anche
perché l'intorno che precipita sia
domani avulso da te, da me. Mentre
l'involuzione corrotta dei miti
grida al fare per farsi, in noi c'è
il voluto: dare per darsi.
E il luogo di sentesi è
nell'oggetto amato, senza egoismi
o deviazioni. Al domani, all'imprevisto
opponiamo il desiderio
di renderci vivi. Unica
reazione alla disgregazione:
il guardarci, il sentirci. Sintesi
di sempre nuovi domani.
DELLA VIOLENZA
La violenza prende, distrugge
l'idea, frammenta lo scopo,
crea la rivalsa. Ogni
ideologia perseguitata
diviene a sua volta un credo.
Processo di pensiero, stadio
di confine tra l'etico e
il contemporaneo: scissione
nelle determinazioni della
vita vissuta. Per voi il
voler salvare chi vuole
distruggerci, è coercizione
alle idee, mitico sacrificarsi.
Voi cercate distruzione
nella violenza, lasciati
i confini, i risultati dell'urto
di passioni, cercate ripieghi
con smembramenti. Compimento
di un predestinato irrazionale.
Voi non potete capire le
contraddizioni nel capovolgimento.
Discontinui, per le antinomie
iniziali, date luogo a rivolte
e suggestioni. Cosí, sempre emergono
i primi per spostamento di idee.
Ogni pensiero d'uguaglianza
è compresso, diviene violenza:
distrugge il pensato iniziale.
Nuovi credi con vecchi pretesti
per riprodurre il congegno:
degenerazione nel ritorno
a ritroso. Nessuna mediazione
tra libertà e necessità,
paradossale ricerca, ambizione.
Il gruppo si muove con nuovo odio,
e il gruppo diviene partito,
religione. Concorso di uomini
sostituiti, doppio senso di ogni idea
che porta al suo contrario.
Avulsi gli uni dagli altri.
Sviluppata una tecnica, che ripete
gli stessi fenomeni.
La vostra realtà non si sottrae
alla costrizione del sistema.
Diviene con esso, nuovo che sia,
ma pur sempre sistema che coinvolge.
Trascinati nella situazione
ambigua di universalità
voluta come termine di
movimento. Eccovi incerti
sui vostri stessi compagni,
perseguitati dentro e fuori.
Unico senso di ribellione,
il sopravvivere mentre vi
schiacciano. Capacità e destino
in ugual misura con diversa
accusa. Attimo deformato,
si muove come mezzo primario,
senza intento di recupero.
Dimenticando i contrasti,
diamo regole comprensibili.
Voi, temuti per la falsificazione
dai vostri stessi interpreti.
Nella solitudine è la coerenza.
Cosí finalmente il sistema
si disgrega e restano gli occhivisti
per portare nuove misure.
DELLA SOLITUDINE
Un vuoto che diventa ragione
di sopravvivere ogni giorno
senza differenziazioni. Accettato
il compromesso delle ingiustizie
universali, chiuso il domani
piú del presente, intorno
a persone senza nome. Lotte
condannate nel concetto prima
di nascere. Responsabili del passo
a ritroso prima di muovervi.
Cercate risultanze che lascino
un modo solo, a chi crede nei problemi
del sopravvivere, dei sopravvissuti.
Noi vogliamo capire. Costretti
alla solitudine del non pensare,
del pensato che condiziona. Solo
i limiti estremi: ricchezza, miseria,
toccano il fondo della nostra inutilità.
Trascinati a vivere dal supplizio
che nega qualsiasi evasione,
pensiero e pensato si distruggono.
Destino di sostituire il pensare
al contesto pensato. Nulla
di presentito senza verità rende
felici: ci toglie il modo e il vedere.
Un correre di immagini dove
l'effetto distrugge il pensare. Ogni
giorno assillanti banali; col vostro
ambizioso progetto di irreali
formazioni, persuasi a togliere ciò
che si sovrappone.
Siamo:
presenti e passati, certi
della nostra solitudine,
la mia voglio sentirla, senza
parlarne, per un moto che diviene
ragione di sopravvivere.
DEL RITROVARSI
Dopo il ritrovarsi di sempre,
l'incombere del nuovo apparente:
procedura di ricerca,
apparente catartico distacco
dal contenuto possibile uguale.
Oggi, scontati nel loro volere,
sentiti, non ancora ascoltati,
assiomi di atavismi e arroganze,
in stretta connessione nel cogliere
il vuoto. Nello stentato di simboli
nuovi, impotenti a sanare il disgusto
di vivere, il rifiuto di amare.
Fondamento di un universo minore,
costretti piú da strutture che dal vero,
come voi, col pregiudizio che non ammette
forma di condizionamento. Cerca
di ridurre a simboli il passato
uguale e diverso, inutile evasione
di sempre uguali domani, dove
la facoltà di natura ci è tolta,
da destini di finire tutti e sempre.
Stessi limiti e diverse illusioni.
Al di là del pensato, dove
il reale ci precipita. L'io
del mondo fuori di noi è disciplina
da concedere, violenta distruzione
del potere: per contrapporre il falso
infinito e mettere a capo
non realtà ma prospettive. Dove gli odi
si assottigliano, dove uccidersi
è rigore: senza logiche nel distacco
dal contenuto primitivo. Colto
il vuoto delle nostre strutture.
DEGLI ALTRI
Assorbono in sé l'immanenza
nel movimento a ritroso,
simbolico oggetto di necessità.
Intaccano il significato,
frattura dell'evento preistorico.
Cosí il ritorno di sempre nuovi errori,
concessioni di esigenze, fatti prima
dell'inferenza di nuove affermazioni.
Piú forte, indistinta laddove
l'ascolto finisce, utilità è il movente.
Poi gli interessi di logica: senza
termini e senza assiomi, rifiuto
di esoteriche sostanze, fuori
e dentro di noi. Dove volete
portarci? piú inutili che avulsi,
specchi di luoghi conosciuti
sguardi-visti di chi soffre in sé per sé
per gli altri, accorsi dietro il significare.
Unica deduzione per ritrovarsi:
il significato, frattura di ogni evento.
Cosí in potenza ostili nell'identità
dell'io, operate su chi rifiuta
la solitudine e ottiene, perduta
la realtà, una conoscenza minore.
Noi non lottiamo per uguaglianza
benessere idee; forti, determinati
a ignorare per non restarne intaccati.
Dove portano i vostri credi? uccidono
il sentire per lasciar posto
all'opportunismo della macchina,
senza sospetto di misticismo
nell'ontologia trascendentale
che oppone i soli dimenticati.
A pochi è concesso il morire prima
che il desiderio di uccidere abbia
il sopravvento: voi asservite
religione e politica a violenza.
Noi vogliamo, lontani da chi uccide,
in nome di credi per sopravvivere.
La morte è continua contraddizione
in se stessa: significato e frattura
di ogni passato evento. Voi volete
abbreviare, distribuire pensieri,
creare motivi di odio e verità.
L'unico vero che potete infliggere
è lasciare pensieri e sguardi visti
senza lotta che distorce le immagini:
giuoco che illude una vita, luogo
incredibile che dissolve. Provato
il mondo senza desiderio di esso,
per un reale meno doloroso,
nel distacco da immagini consuete.
Gli altri tornano nel giro indistinto,
nuovi fautori di un vecchio mondo.
Unica vera strada: l'essenza
del dolore, il pensare che avvicina
senza limiti al pensato. E le ultime
forze: conoscere per sopravvivere.
LA GENESI
In principio l'azione attiva
nel distacco dal nulla; dal vuoto
cosmico esce il concetto in divenire:
un teorema di spazi e di luci
come qualità posizionale
degli oggetti. E la luce
distinta dalle tenebre
non è corpo ma forma,
manifestazione della materia.
Poi il principio, radice di connessione
immanente, e l'uomo:
finito infinito essere.
Cosí ognuno di noi. Luce
indistinta e scelta di paure,
per riconoscere una alterità
tra luce e tenebre, unica alternativa:
libertà del volere nella scelta
originaria, determinante quelle
ulteriori. Non ogni atto è scelta,
il sentire è sensazione
di cose volute dagli enti
finiti con assoluta necessità.
E l'immanenza, partecipe
di una qualità della sostanza,
non sussiste fuori della stessa.
Non dogmatismo trascendente
ma storia, cui non possiamo
sottrarci. Negati al bene
perché non conosciamo la logica
bivalente, essa si conserva
sulle linee evolutive tra cui
si divide, causa di variazioni:
il bianco indistinto e il nero
per smarrirci disperde sul proprio
luogo. Eva, la vita, perde se stessa
e trasmette l'amore.
L'anima razionale si trasmette
come il seme, resta la condizione,
la realtà psicologica di esso
nell'angoscia: forma superiore
di dolore. Per libero arbitrio
avviene l'infrazione al divieto,
perdiamo la vita per conservarla.
L'uomo vuole essere eterno: possedere
nel presente l'infinito del tempo
con assenza di principio e fine
e successioni nell'eterno presente.
Un eterno presente
considerato nel futuro come
fine e consumazione dei tempi.
Senza un culmine per la vita,
oggi come ieri. Tu e lui generati
per scambio di valori, il gene
agisce come forza da cui si procede:
dal non essere all'essere proprio
del generare. Finita la estensione
del bene come numero, creati
numeri nuovi,simboli astratti.
. . . . . . . . .
Non potete non volete
capire, colpevoli perché il sapere
è necessario e attingibile.
Bene e male si confondono: cosí
per noi tradizione e errore
coincidono. Ciò è dogmatico,
provvisorio, si risolve
senza sopraffare l'opera,
e uno contamina l'altro;
contrasto, assioma del ritrovarsi.
Dopo ogni azione è ambiguo il riflettersi
nell'indugio dell'io che annette
alle diaspore del dissenso altri miti,
altre lingue, altre religioni.
E sempre è confuso il parlare, oggi
come ieri; un parlare piú lingue
con meno comprensione, ricerca
fenomenologica o distruzione.
Non capire per non pensare mentre
il pensato è al di là dell'intento.
Un'atrofia di azione pensata,
con riferimento del segno al designato
nell'espressione fine a se stessa.
Andiamo e confondiamo le loro
lingue, deviazione di significati,
significare in modo
mediato e relativo.
Né intendiamo il vostro pensare piú
del vostro linguaggio. Al silenzio
di una comprensione astratta è logico
il dire senza l'eterno pensato.
Se il fratello tuo che salvi non ha
nome, che importa? Forse lui corre
sul verde spinato, occhio fisso, droga
che divora, preso e annientato.
Ma anche tu dici: «Nulla accetterò
di ciò che ti appartiene» e quando dài
senza pretendere, il prezzo del riscatto
è già pagato. Se l'azione è volere,
senso di vita e di morte,
nell'eterno il tempo non pone
limiti né sacrifici. Poi
arriva il giorno in cui
maturità ti cambia nome,
e il non essere pone l'essere
nella condizione del divenire.
Generare è contemplazione,
cosí il mondo e le dimensioni in ogni
essere, in ogni pensato, il nome
che fa capo al teorema della vita.
Per poco. Il mio limite è il nostro,
i nemici di te, di me, ci costringono
buttati dietro i muri, tra luce
e tenebre unica alternativa:
libertà del volere nella scelta.
Distrutti, li distruggiamo. Il ritorno
degli eventi, oggi come ieri, è
vendetta di un immanente ritrovarsi,
di bene per il bene e male per il male.
Violenze e unioni, ascoltate da chi
torna, sempre con piú forza,
mentre il desiderio li perde
piú del possesso. E continua il cammino
dopo la sepoltura, piú veri,
meno realizzati, non oggetto
di desiderio ma entità. Dov'è
il gioco che ci divide? Effettuate
scelte di valori costanti,
esiste sempre tra questi
l'origine stessa riconosciuta.
E se il minore con maggior talento
rivendica se stesso, conosce il modo
per comandare senza vizi.
Senza perdersi o fare per farsi,
senza gelosie. Delle mandragore
in cambio di una notte, non protesta
di inutili assembramenti, non gioco
di parti ma equilibrio, ordine
che distingua i desideri.
Dal disconoscersi al riconoscersi,
dove il dubbio diventa affermazione
e il distruggersi autoaffermazione.
E ciò desta invidia, oggi come ieri.
Cercheranno di prenderti,
occultarti in una cisterna,
ti venderanno come schiavo, cadendo
in inganni vittime del tuo rifiuto.
Poi, fedele alle tradizioni,
amerai il ritorno del principe
anche se falsa esigenza, per desiderio
di respingere o accettare le cose.
Regolarità degli eventi,
moltiplicati, sfuggiti,
per raggiungere con piú sforzo
una parte dello spazio temporale.
Teoria dell'inerenza: realtà
o sostanza, cui il predicato
inerisce, o totalità del reale.
L'interposto interpone il principio
con piú forza, ammettendo la propria
adesione a schiavo, ma ritorna
per nuove strade, per ridare
a chi ha voluto ucciderlo.
Non legato alle cose: amore a tutto,
allontanamento da tutto perché
anche il destino convince se hai
forza per sentire il richiamo
preordinato di continui diversi:
oggettività di un divinismo
a divenire. Divise le tribú
secondo i figli: sempre e insieme.
Vita è processo di superamento,
ha in sé la propria logica primaria,
che designa la reale
contrapposizione al chimerico. È
l'insieme di forze infinite,
ma sempre illogicità di morte.
Trovato il fuoco centrale
si procede con esso, vite
parallele, immutabile
essere, trovare per ritrovarsi
………. sempre e tutti.
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