Annalisa Cima
Sesamon (poesie)

Introduzione di Cesare Segre
Ugo Guanda, 
Milano, 1977

 

Presentazione di Cesare Segre a SESAMON

 

Il salto di qualità trasforma in preludio l ' esperienza già attuata. Ma sarebbe crudele conficcare il bisturi nelle precedenti poesie: soverchiate ormai da questo sesamo, esse appaiono anticipazioni (parziali) e prove (spesso felici). Se il sesamo non fosse cresciuto, avrebbero ancora diritto al primo piano. Ma il sesamo è cresciuto. Sesamon è un canzoniere. Contiene le tracce di una storia. Non chiediamoci se sia una storia vissuta: basta che sia stata vissuta interiormente. Perché storia interiore, vi hanno più importanza i pensieri, al massimo le emozioni (immagini di emozioni ...), che i moventi reali. Ma i pensieri non sono mai astratti, né i moventi sono colti nella loro materialità: caratteristico di questa poesia è mantenersi nell ' intercapedine fra reazione e riflessione. In equilibrio. Non si tratta di un equilibrio cercato. Equilibrio nel nostro caso vale stato di medietà, anche di indeterminazione. Si noti la preferenza per i momenti di passaggio, dal sonno alla veglia, dalla malattia alla salute, dalla passione al controllo (Danze d ' ambiguo, Agonie rovesciate, Andare, Febbre di annientamento, Febbre di malattia). Si noti soprattutto l'insistenza sui concetti di rispecchiamento e rovesciamento, scambi di posizione tra realtà e sogno, tra presente e passato, tra desiderio e compimento ("rimbalzati/ in un mondo di ricordi/ a ritroso", Fraintesi; "agonie rovesciate", nella poesia omonima; "E affondano passati passi nel presente/ riflessi in oscuri crittogrammi", Febbre di annientamento; "desideri capovolti", Tempi lunghi; "rovesciato il sentire", Cancelli eleusini; "a rifletterci in/ specchi di finzioni", In volute diverse). Potrebbe essere l' avvio per peregrinazioni oniriche, immersioni nell'inconscio. Però onirico e inconscio, in Sesamon, sono usati consapevolmente come barriera contro gli stati di "normalità" che possono sacrificare le intuizioni nella limitatezza della parola, nella povertà dell'asserto. (Anzi, si volesse enucleare una "ideologia" di questo canzoniere, essa consisterebbe nell'insofferenza per qualunque affermazione si pretenda irreversibile). Di qui l'insistenza su enti negati all'atto di nominarli (non-tempo, non-luogo), la celebrazione del vaniloquio (che porta con sé, oltre a breviloquio, anche il bellissimo sonniloquio): "Venisse un vaniloquio assente/ venisse un'antografia dicente/ dove conciliarsi è vitale/ dove innestare lo stigma/ per esperire il fondo/ dei nostri desideri" (Lo stigma). Di qui, ancora, le molte espressioni srealizzanti, come "ritrovare il momento del dire/ che dice l'oblio" (L'abbaglio); "essere nel presente/ con assenza di tempo" (Dopo). Nelle raccolte precedenti, questa insofferenza del reale e del definito era soddisfatta dalla visione di altri mondi: spazi di energie prenatali o di ombre smaterializzate. Restano vestigia di questa imagery nella concezione positiva del disfacimento ("Per essere disciolti in rievocazioni/ .../ per essere lunghi cortei/ processo di dissoluzioni" , Processo di dissoluzioni; "uscire dalle soglie del finito / disciolti", Andare). Sintomatico l' uso dei prefissi dis- e de-, anche in neologismi (come disnovarsi,'rinnovarsi disfacendosi), nettamente polisemici in Sesamon: alludono a scomposizioni e disgregazioni, ma con una connotazione positiva, di un dolce venir meno, fine delle lotte e delle contraddizioni, di una morte limbale, serena, vegetante, equilibrio non finalizzato e perciò non conflittivo (non-vita uguale a quella che precede l'esistenza). Abbiamo dunque una poesia meditativa, talora raziocinante, che propende per scorci prerazionali, e ragionatamente si preclude la logica della conclusione. Ricerca di tregua per sospendere i contrasti; ma anche anelito verso l'indifferenziato, l'indistinto, l'indeterminato, l 'indeciso, l'incerto, come zone di possibilità multiple, di alternative coesistenti, di convergenze e divergenze potenziali. Non-vita e non-tempo sono stazioni dove attenuare i conflitti esasperati dal vivere e prepararsi a sempre nuove ed eccitanti contraddizioni e divaricazioni. La sfera dell'irrazionale non è facilmente esaurita dall'insistenza (logica e linguistica) sulle contrapposizioni, fuggite nei loro aspetti conflittuali, cercate nella loro ricchezza di equipossibilità: c'è un moltiplicarsi di rivelazioni, un solitario allargarsi dell'indefinibile, che si libera solo nel canto. e che al canto fa sentire la nostalgia di un oggetto. L'oggetto è, in molte di queste poesie, l'amore, anzi l'Eros (o la sua sembianza, così forte è il rifiuto di qualunque concretizzazione biografica; e l'Eros è tanto più libero, quanto meno costretto a un confronto personale). È intorno all'Eros che si esaspera il sistema metaforico, assimilando al suo antirealismo i riferimenti naturalistici (stelo, stigma, perforatore, siringa; cunicoli, velame-pelame; umori, brine, granuli d'argento, grandine d 'avorio): riesce, quasi, a nutrirsi di sé. L'Eros si realizza allora come produzione di momenti privilegiati, rivelatori dell'indeterminato: momenti di passaggio sì, ma rapinoso e totalizzante. Il canto diventa grido. Questi momenti fungono da discrimine: tra verbale e non verbale, tra memoria e istantaneità, tra progetto ed esistenza. E si confrontano ad essi ambizioni e prevaricazioni: in quanto risultato di spinte (Libido, Volontà di potenza) che l'Eros può, momentaneamente, armonizzare. La poesia esprime questo confronto-contrasto, ma si fa anche voce del superamento, della fusione, dell'attesa di altre verità (essendo negata la verità). Questo Eros divenuto idea dell'Eros si rivela tanto più risolutivo quanto più si annulla come valore. La scoperta della funzione strutturante dell'Eros è decisiva per la tematica e per il sistema espressivo di questo canzoniere: l'Eros è termine di paragone, acceleratore dei processi immaginativi, obiettivo e limite. Esso trasferisce i suoi modi ad altri procedimenti mentali, più spesso s 'impone come centro direzionale, inevitabile punto d'incontro e di coordinamento. Anche la vita vegetale (all'altro estremo) sembra abbozzare torpidamente movimenti che nell'Eros diventano turbine e lampi. La forma percorre la scala dei vari stadi di rivelazione (figure del dormiveglia, della convalescenza, dell'amplesso): "E per luoghi, gradini/ giuochi-fuochi/ stanze del ritrovarsi/ con te e non te/ in proiezioni di vissuti/ scendere, risalire/ e ritrovare il tempo", Gradini). Frasi nominali (se ci sono verbi, sono per lo più infiniti, participi o gerundi) s 'impennano con espressioni di finalità; le preposizioni, aggregate ai verbi come prefissi scomponibili, mantengono la loro potenzialità ipotattica (per-mutare, per-forare). D'altro canto, vi è un fitto interscambio tra le funzioni grammaticali. Una forte tendenza alla sostantivazione parallelo all'uso di frasi nominali - investe gli avverbi (il dopo, il mai, il sempre, il forse, un intorno), gli aggettivi e i participi passati (il sonoro, il capito, il grumato, il vissuto, il fuggito via). Le giunture interfrastiche sono sovente sotto sforzo: il relativo dove (oppure di là) funge da nesso locale-finale; e in complesso il discorso passa, anche ex abrupto, dall 'affermazione generale all'immediatezza della prima e seconda persona, dall'atemporale al narrativo o all'ingiuntivo. Tutto si muove, ma nel pensiero, vero reale è lo sforzo di esprimere una diversa realtà. Le parole generano parole con richiami fonici (echi, allitterazioni, rime derivative; o, com'è detto in altro senso in una poesia, "ritorni di omofonie"): quadri quadrati, cantori di cori, solo sole, passati passi, lenti dolenti, previste sviste, antichi-aprichi, giuochi-fuochi, orme di mura, spento spettro, porre deporre, attesa tesa. La tautologia scava nei valori delle parole (reti di rete, dire per dire, il dire nel dire), pone a specchio segni e referenti ("in cima ai miei pensieri ...tante cime distrutte ..e con-cima-re", Falsa opinione), mette in atto ingorghi ritmici con sdoppiamento del soggetto ("Da giorni le cose che dicono: dicono/ appare l'idea corre se corre", Il limite; "Grida gridai", Grida; "andare verso il medesimo andare", Andare. Anche il lessico si espande. Parte, sempre, da un linguaggio astratto, con tecnicismi d'uso vulgato (aporia, edonismo, inconscio, opzione, postulati, simbiosi, traumatizzare, utopico), indizi della vischiosità culturale del quotidiano; ma poi salta, quando c'è da stringere qualche verità, a termini più ricercati (anoetico, antografia, antropogonia, aprocto, echinoidi, ecumene, panismo), a parole straniere e latine (cross-correspondences, dripping, liaison, élan vital, in generationem, ex itinere), a precisi usi metaforici. Discrete ma determinanti le allusioni ai modelli poetici, da Petrarca ai contemporanei. Gli equilibri sono più esaltanti se più ardui. Così, quando in Sesamon vengono recuperate atmosfere classiche e mitiche (Cancelli eleusini, Acerba cetra) o si arriva a compiacimenti decadentistici (Ponte), la riflessione è subito pronta a smorzare o ironizzare; se i registri più esornativi vengono talora funzionalizzati, è perché offrono immagini meglio appropriate alla felicità dell 'intuizione o perché prezioso è l'oggetto stesso del meditare. Ancora più difficili gli equilibri metrici. Vi sono momenti di canto (felicità di ritmo, purezza anche neoclassica del verso), momenti, persino, di gaiezza danzante; e vi sono momenti d'indugio riflessivo, con gli accenti che rallentano sugli astratti mentre il periodo s'irrigidisce nei parallelismi. Questi diversi ritmi si alternano, spesso nella medesima poesia, mimando l 'abbandono e il controllo o, forse meglio, la pienezza e il distacco. L'attenta costruzione grafica delle poesie (gruppi di versi fatti rientrare, altri spezzati in due o tre segmenti) regola il flusso, da rigoglioso a filiforme, della musicalità. Ho promesso all'inizio di astenermi da confronti con le tre raccolte che precedono questo canzoniere. Qui però è impossibile non ricordare il puntiglioso sforzo, attuato sino alle soglie di Sesamon, per evitare qualunque cedimento all'armonia: i versi muovevano tra una neutralità prosastica e una dura atonalità. L'ingresso della musica nell orizzonte di queste poesie è un fatto nuovo, così come la valorizzazione dell'erotismo. Due eventi che certo si collegano, attraverso le facili equazioni: amore = canto; canto = armonia; armonia = conciliazione dei contrari. Equazioni che poggiano su un venerabile apparato storico (affrontato ultimamente da Spitzer), ma che nel nostro caso sono state riscoperte in forza della logica stessa delle strutture. Compendiabile nella sentenza di Filolao: "l'armonia si genera proprio dai contrari, perché l'armonia è fusione del molteplice e concordia del discorde". Avevo scritto, a proposito di Immobilità, che in quelle liriche "la grazia rende lieve il peso della meditazione". Era, ancora, meditazione sulle cose, sulla vita; in Sesamon la meditazione è portata nella vita, nelle cose; l'esperienza formale, resa provetta e sofferta e sensibile da quella esistenziale, ha spinto verso più ampi orizzonti il suo dominio espressivo (ne sono misura le frequenti immagini astronomiche). La riflessione, e la poesia, sono poste a confronto diretto con gli altri tempi del vivere: entrano anch'esse, parti distinte ma non separate, in un ritmo.

Cesare Segre

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