Annalisa Cima
Immobilità
a cura di Vanni Scheiwiller
Prefazione di Cesare Segre 
con disegni dell’autrice.
All’insegna del Pesce d’Oro, 
Milano, 1974

 

Presentazione di Cesare Segre a IMMOBILITÀ

Gli elementi che ricorrono nei disegni di questo volumetto rientrano in due "tipi": linee rette e forme anulari (cercini, trecce, ortensie geometriche, triangoli smussati): le prime definiscono lo spazio, le altre vi si accampano. 

Nel ripresentarsi degli stessi elementi, le differenze sono prodotte o dal diverso rapporto di linee e cerchi, cui talora si sostituiscono volute stilizzare (cfr.: "La linea retta/ e il fiore/ si toccano/ così due segni/ risolvono/ il loro limite", n. 29), o da un intrecciarsi, si direbbe traumatico, dei segni anulari. È un universo di forme semplici; il singolo disegno si caratterizza, più che in sé, nel confronto con le sue variazioni, come si trattasse di fotogrammi successivi d ' un movimento certo lentissimo. 

Così le forme anulari scivolano impercettibilmente da un punto a un altro, magari vicino, del foglio, e le linee vengono a contatto con quelle, ora sospendendole a sé, ora offrendo loro un sostegno o uno scivolo, qualche volta aggredendole con minacciosi cunei. Alla prima impressione di immobilità se ne sostituisce dunque un ' altra: quella dello sgranchirsi di una vita geometrica. Ma è ancora un ' immagine incompleta: infatti le forme anulari, solcate da fitti intrecci, si presentano come l ' immobilizzazione di un precedente movimento intenso anche se legato a un centro di attrazione costante (cfr.: "Sentirsi/ nel proprio nulla/ come una oscillazione/ che non muta", n. 56), e sembrano attendere la spinta, non si sa se distruttiva, delle linee meno neutralmente spazializzate. 

Un ' immobilità, insomma, materiata di un dinamismo rappreso e presaga di più violente scosse. La corrispondenza con le poesie è singolare (come risulta anche dalla facilità di affiancare a composizioni recenti disegni di oltre dieci anni prima). Ognuna si presenta autonoma nella sua concentrazione gnomica, simile a un tanka o ad un haikai (si ricordi che nel XVII secolo i haikai venivano combinati con pitture). Poi ci si accorge che tutte le poesie si collegano, ritornando su pochi temi, richiamandosi con le stesse parole-chiave: esse formano un piccolo ciclo, spirale meditativa ed espressiva. 

Soggette alla stessa recursività dei disegni, le parole-chiave, riapparendo lungo il ciclo, offrono, più che indicazioni sulla tematica, una vera sintesi ideale, materiali a disposizione per una possibile archi-poesia: nulla, vuoto, solitudine, paura, morte; consumare, deporre, distruggere, morire; immobilità, inutilità ecc.. La tonalità è sottratta a qualsiasi tentazione cromatica, ferma tra la fascia del bianco e un neutro incolore ("Dove si confonde/ col bianco già colore/ il passato è coperto", n. 13; "del bianco/ che lega/ rimane il ricordo", n. 60; "Cerchiamo di vedere/ il noncolore/ di sentire/ la nonvoce/ afferrare/ l ' inesistente", n. 5), col compenso dell ' intensità della luce, del gioco dei riflessi (v. i nn. 53, 25, 30). Poesia, tuttavia, ben aperta a vicende e occasioni: purché sublimate a un livello di allusività o assoggettate a trasposizione meditativa. 

Così dominano i sostantivi astratti (spazio, tempo, silenzio ecc.) o gli aggettivi sostantivati (il vero, l ' inutile, il necessario ecc.) o i participi passati, anch ' essi sostantivati con personale insistenza (il capito, n. 15; il pensato, nn.8, 47, 63). La corporeità appare in modo così diretto da non potersi caricare di realismo (braccia, gambe, il corpo, l ' acqua), oppure tradotta in un senso simbolico (il filo, la radice, i cerchi, la luce, la via, la strada). I verbi soprattutto non alludono mai ad azioni precise, ma sono quasi completamente metaforizzati (ritirare, separare, proseguire, continuare, deporre, abbandonare). Poesia "filosofica"? Per nulla, anzi una poesia che nega l ' utilità della concettualizzazione, persino della parola ("e le parole/ sono perdita di pensiero", n. 42; "niente può essere capito/ e spiegare impoverisce i contenuti", n. 43; "Datemi ...un pensiero/ da non pensare" ecc., n. 11).

L'astrazione perciò non è orientata verso il concetto, piuttosto si sforza di fermare delle intuizioni, di cogliere dei significati primari, al di qua o al di là dell ' elaborazione razionale ("al di là del capito/ ti trovi/ e divieni", n. 15; "la frattura di ogni evento/ è il vero significato", n. 58). Né lo scopo è conoscere, vincere interpretando: questa laconicità sillabata, questo lessico acromatico, immateriale, sono implicati in una calma confessione di angoscia: il senso viene trovato nell ' instabilità e nel dubbio (n. 21), la vita e la solitudine altalenano sopra il vuoto (n. 46), la morte si propone come la reale detentrice della verità (nn. 58, 67). La recursività, all ' interno delle singole poesie, ha una vera funzione strutturante. Si possono indicare (ancora come nei disegni!) due schemi prevalenti, uno lineare, l ' altro circolare: la ripresa e il chiasmo. La ripresa (o l ' affine parallelismo), nelle due forme più semplici, fa da cerniera tra due parti del componimento: immobile, immobilità (n. 50); deporre se stessi, ripetuto (n. 4); dopo, dopo (n. 12); la luce, luce (n. 25), o viceversa ne demarca gli estremi: Non ha sfiorato l ' acqua, ma non ha sfiorato l ' acqua (n. 23) o l ' inizio della bipartizione: ritirare, ritirarlo (n. 1). Qualche volta il testo è ritmato su due riprese: bruciava, bruciare, illuminare, illuminarmi (n. 48); direzione, diretta, colpire, colpito (n. 64). Chiasmo: giuoco, vero, vero, giuoco (n. 2); gridano, vendono, sapere, sapere, vendono, grida (n. 44, a tre termini in ordine speculare); acqua, passava, passaggio, acqua (n. 23); fermo, movimento, movimento, immobilità (n. 73); via, luogo, luogo, via (n. 32), ecc. Come nei disegni, le figure circolari sono materiate di un dinamismo rappreso: già la staticità del chiasmo, che ruota su se stesso nella progressione "Il dubbio/ mi confonde/ la confusione/ mi fa dubitare ..." (n. 70), presagisce una deviazione quando uno dei suoi componenti estremi viene mutato, cerchio che invece di chiudersi si fa voluta: occhi, rami, rami, radici (n. 16). I maggiori effetti dinamici si riscontrano però dove le figure di ripetizione e di ripresa s ' incastrano o si émbricano, con evidenti conseguenze enunciative: si confronti il n. 19, dove l ' iniziale contrapposizione "forti di giorno senza sapere/ forti di notte sapendo inutili" viene rilanciata parabolicamente dal complemento oggetto ("la verità e il sapere"), col n. 14, pseudo-chiasmo con analogo effetto parabolico ("Nel nulla/ paura del suo vuoto/ nell ' amore/ paura di sentirsi vivi/ slontanati dal nulla"). Questa poesia pare debba escludere la sollecitazione connotativa dei significanti: i quali possono al massimo ripercuotere gli echi di operazioni attuate direttamente sui significati. Si vedano per es. le contrapposizioni tra pensiero e pensato (n. 63) o tra pensare e pensato (n. 69); o l ' allargamento semantico di asserti come "Cerchiamo di vivere/ nel vivere" (n. 31), oppure "Mi tormenta un ' idea/ vestirmi di/ un ' idea" (n. 59). Si potrebbe parlare, nei casi estremi, di anti-tautologie: "un pensiero/ da non pensare/ un nulla/ in cui vivere/ e una fine che non sia il nulla (n. 11) e pseudo-tautologie: "Voglio volere", n. 3, subito svuotato, com ' è naturale in un mondo così poco volontaristico (cfr. "Cerchiamo di vivere/ nel vivere/ per non cercare/ un volere" ecc. n. 31), dal successivo "e attendere", nonché dalla stessa insistenza su volere, spesso in prima persona e a inizio di verso. È operato, per eccezione, anche sui significanti il richiamo (derivativo e allitterativo) tra perdita, sorprende, prende, perdere, in una poesia che sembra iconizzare un ' accelerazione di catastrofi (n. 37). Su questo tema verbale si giunge persino all ' allitterazione a distanza: ecco infatti "sei come/ chi ha perso tutto/ poi perdi te stesso" ecc., n. 6, e più avanti, quasi in un riflesso deformato dal male, "Mi ha preso tutto/ anche il vuoto" ecc., n. 24. Per mostrare come la nostra corona di brevi componimenti continui a tornare su pensieri, temi, parole ossessive, nello spazio curvo della riflessione, attraverso una serie d ' immagini che si rispecchiano l ' una nell ' altra, sovrapponendosi e disperdendosi. C ' è dunque una corrispondenza diretta tra gli schemi verbali, col loro andamento parabolico o spiraliforme, e quelli concettuali. Anche senza addentrarsi nella sfera dei contenuti (sfera, nel nostro caso, di limpidità cristallina), si percepiscono subito fitti moti browniani entro limiti ben definiti. Nessuno spostamento in un senso che non sia bilanciato dallo spostamento opposto, nessuna rinuncia che non sia seguita dalla rinuncia alla rinuncia, e poi da una nuova rinuncia. È naturale che questi movimenti contrastanti diano come risultato apparente l ' immobilità: immobilità carica a sua volta d'attesa, quasi che i movimenti possano prendere altre direzioni, o che i limiti assegnati loro possano essere ampliati o annullati. Così una serie di enunciazioni scarsamente nutrite di speranza può accettare le regole di un gioco (esaltarsene, anche) ed essere illuminata dalla consapevolezza della volubilità. Una volubilità che pare talora assumere in ambito esistenziale i tratti della volontà; ma che intanto si è posta come condizione di non trasformarsi, perché la poesia possa parlare. In questa sospensione del giudizio e dell ' agire, temi e parole si scompongono e si ricompongono, e la grazia rende lieve il peso della meditazione.

Cesare Segre

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