"Ricordando Montale" 
in Asserragliati fra le rupi e il mare: guida poetico-naturalistica con antologia di versi e prosa; a cura di Adriana Beverini e Carlo Torricelli, con una postfazione di Annalisa Cima, Agorà, La Spezia 1998

Andavo a trovare Montale sovente e in una delle nostre conversazioni, che saranno pubblicate nel 2006 (secondo le volontà testamentarie del Poeta), gli descrissi il parco giardino che circondava la nostra bella villa di San Giovanni Bianco, affrescata dal pittore Armanise.
Ero solita chiamare il giardino del nonni: parco delle delizie, infatti era un paradiso terrestre, un vero eden.
A Montale descrissi ogni particolare della villa e del giardino. Iniziai dalla descrizione degli animali che lo popolavano. Le colombe bianche nella loro casetta, il mio pony, Marco Vinicio, nello stallino bianco e verde nel lato ovest del parco. I cani: Bill (il volpino della Pomerania), Zor (il pastore tedesco), Zac (il pastore maremmano), Flic (il segugio), Abro (il setter), Ping e Pang ( i collins). 
La gatta Zebra, la tartaruga Ruga, il cardellino Lino. L'anatra Carolina e le due oche che avevano la loro casa nel laghetto. E per finire le mie chiocciole, che erano bellissime. Portavo loro ogni varietà di erbe e di vegetali e penso che mi riconoscessero, perchÈ quando sentivano la mia voce, uscivano dalla loro corazza, con cornine ed antenne, e mi baciavano le mani con quella loro bava argentata. Le tenevo in un angolo ombreggiato della terrazza della camera da letto e la sera dormivano in un cassettone del trumeau.
Dal piccolo lago si accedeva alla zona pi_ remota, ove coperto di glicini, caprifogli e ogni sorta di rampicante c'era il pollaio, con galline americane, galli, due tacchini che io non amavo, e tanti pulcini. Il grottino con le cascatelle d'acqua che scendevano lungo il tufo, era sul lato sinistro del parco.
A nord l'orto e le piante da frutta, che si intravedevano tra gli alberi di prugne e al di là di una grande aiuola di peonie, i fiori preferiti della nonna Elisa.
Sullo sfondo correvano lungo la recinzione di ferro battuto un glicine secolare con altri rampicanti che vivevano ormai in simbiosi.
Il viale alla sinistra della villa era affiancato da file di gigli e calle sino ad uno slargo, ove in una aiuola rotonda trionfava bianca e gioiosa un'enorme spirea.
I lillà e il viburno erano altissimi, arrivavano fino alle betulle pi_ piccole che cingevano il prato adiacente sovrastando gli aceri rossi.
Il viale principale invece era affiancato da due filari di tigli e sulla destra una parete di roselline bianche coprivano alla vista un prato scosceso che scendeva fino alla casa settecentesca, in cui D'Annunzio e la Duse avevano soggiornato e che faceva parte della proprietà. LÌ tenevamo archivi e casse con ricordi della nonna Alice Schlesinger, scrittrice e pianista.
Dal lato orientale v'era una fontana zampillante al centro di un piazzale con panchine in tufo che lo circondavano. 
Dallo slargo diramavano due viali e una scala con due file d'aceri ai lati.
Dopo che avevo descritto il giardino in cui vivevo felice, tra piante e animali, Montale volle indagare quale fosse il mio animale preferito e confessai che prediligevo come cane Bill, il volpino della Pomerania e l'Helis variabilis era la chiocciola preferita.
Allora Montale volle sapere quali erano la mia pianta e il fiore preferito. E gli dissi che una delle mie piante preferite era l'Olea fragrans e come fiore la gardenia.
Montale s'innamorÚ del bestiario e del giardino della mia infanzia e volle proseguire la figura del nonno Francesco che mi aveva regalato tutte quelle meraviglie, suggerendomi di acquistare insieme un cagnolino e inviandomi nel frattempo una meravigliosa gardenia bianca.
Il giorno seguente andammo in un negozio non troppo distante da via Bigli, vedemmo un bellissimo cucciolo, uno yorkshire e lo acquistammo. Venne subito battezzato da Montale, con il nome di Mouche.
Mouche sensibile qi complimenti, quando Montale lo chiamava, come se avesse capito che il merito del suo arrivo lo doveva al poeta, rispondeva assalendolo, baciandolo e letteralmente lavandogli la faccia, gli saltava sulle ginocchia e poi saliva sulle spalle e Montale rideva divertito dicendo: - Ma sei troppo espansivo, eppure t'ho dato il nome di una donna che adoravo, mia moglie Mosca, che espansiva proprio non era.
Altri animali compaiono nelle poesie di Diario postumo: il ‘muflone’, il ‘pipistrello’, il ‘gatto incappucciato’, il ‘pesce pilota’, i ‘passeri’, le ‘colombe’, il ‘gabbiano reale’, la ‘cerbiatta’, il ‘leone’, la ‘trota’, la ‘cicala’, e la ‘formica’.
E tutti questi animali che fanno parte di un bestiario poetico popolano il parco di Diario postumo nel quale troviamo ‘vegatazioni nuove’, ‘un grande ombrello d'ombre’ di un platano, le ‘fagacee’ che sottintendono il cognome Faggi, il ‘ramo’, ‘le siepi / fiorite d'azalee, i pruni / i mandorli, gli alberi bianchi-rosa’. 
Montale quindi non muta stile di desideri, anche nel Diario postumo, come negli Ossi di seppia. Negli Ossi, infatti, nominava altre varietà di animali e piante: l'‘anguilla’, i ‘merli’, le ‘serpi’, il ‘falchetto’, il ‘martin pescatore’, il ‘gufo’, l'‘upupa’, le ‘ghiandaie’, le ‘tamerici’, gli ‘ulivi’, le ‘palme’, l'‘agave’, i‘sambuchi’, eccolo il bestiario e il paesaggio delle Cinque Terre, tanto amate da Eugenio Montale.
Ed Ë in questo ‘Parco Montaliano’, nato dalle sue poesie, che entreremo religiosamente; ora cercando un merlo, ora una formica. E giungeremo cosÌ come lui avrebbe desiderato: via mare, per ‘veleggiare / verso lidi migliori’.

Annalisa Cima